martedì 5 maggio 2015

SEI UN ARTISTA? ECCO COSA DEVI SAPERE -




FAQ.1

In questi 3 anni di attività abbiamo riscontrato i pregi e le potenzialità sia del mercato sia degli operatori, artisti o galleristi del settore dell’arte.
Le domande sono sempre le stesse ma, le complessità del ramo sono diverse e rese ancor più complesse di quanto già non lo siano in un ambito molto articolato come quello artistico, per via di norme, leggi e decreti che tutelano e regolamentano sia i rapporti e gli scambi tra artisti-galleristi-collezionisti.
 
1.Come faccio a promuovermi?
La promozione per un artista è assolutamente essenziale per farsi conoscere e far circolare il suo lavoro.
Essa si articola in tre punti essenziali:
a) Presentazione del proprio lavoro agli operatori preposti: gallerie/mercanti
b) Mostre/esposizioni
c) Visibilità
Sembrerebbero cose scontate ma in realtà sono i primi passi per entrare in un circuito che può influire sul destino favorevole o sfavorevole di ogni artista.
Il come presentarsi è un biglietto da visita ed è determinante e, molti artisti, soprattutto giovani ed esordienti, pur dandosi molto da fare, commettono errori che compromettono la loro immagine nientificando tutto il loro impegno e volontà.
Gli errori più frequenti sono:
- Inviare delle mail generiche (sparando nel “mucchio” con la speranza che qualcuno prima o poi risponda) a gallerie o operatori che potrebbero prendere in considerazione e valutare il loro lavoro;
- Inviare curricula eccessivamente ridondanti e verbosi, fatti, sovente, di intermibili liste di partecipazioni a concorsi o collettive di secondaria importanza o presso spazi o luoghi ameni sconosciuti e/o irrilevanti per la professione artistica;
- Inviare allegati con troppe fotografie delle loro opere (spesso file pesanti da scaricare) ;
- Inviare dei link di siti non aggiornati, cronologicamente inesatti, difficili da visionare, troppo prolissi, o con immagini non nitide e facilmente visionabili;
N.B.: I galleristi/operatori, soprattutto se ben inseriti e con una notorietà, ricevono decine e decine di mail, proposte e progetti. Non hanno il tempo di aprire leggere tutto e tutti e, spesso, delegano a collaboratori e assistenti il compito di “selezionare” e quindi sottoporre alla loro personale attenzione ciò che effettivamente interessante e potenzialmente stimolante per la loro galleria.
 
La maggior parte delle mail, perciò, viene cestinata o, se troppo verbosa, chiusa dopo la terza riga.
 
2. Mostre/esposizioni
Il mezzo per farsi conoscere, ovviamente, è quello di esporre le proprie opere. Un esordiente che muove i primi passi cerca di sfruttare tutte le opportunità ma non si rende conto che esporre non è semplicemente appendere dei quadri su una parete e invitare delle persone.
Scegliere dove e con chi esporre significa iniziare a costruire il proprio curriculum e se si sbaglia, gli errori poi si pagano caramente perché significa precludersi ogni possibilità di collaborazioni di buon livello e utili sia al proprio mercato che alla propria immagine.
Altro errore che fanno gli artisti è di partire dal presupposto che l’ “opera” in quanto tale debba “parlare e trasmettere da sé” ma il gallerista, spesso, tiene in ampio conto anche il rapporto umano e vuole conosce di persona l’artista, capire chi è, perché, cosa fa e così via.
E’ molto importante riuscire a ottenere un appuntamento di persona e avviare una conoscenza che potrebbe diventare il primo gradino di uno scambio e della propria carriera.
3.Visibilità
Oggi come oggi la visibilità incide un buon 50% se non oltre sulla fortuna o meno del lancio di un artista, soprattutto se giovane e alle prime armi.
Molti scambiano la visibilità valutandola e mettendola sul piano di recensioni e articoli. E’ vero che in parte è anche questo perché più si viene menzionati sui quotidiani o riviste, più il nome circola e rimane impresso e con ciò voglio sottolineare anche l’importanza di un buon ufficio stampa la cui efficacia penetrativa nell’informazione mediatica sia cartacea sia interattiva virtuale aiuta a creare l’immagine dell’artista e a far conoscere le sue opere.
Un ufficio stampa non si limita a inviare qualche mail più o meno dettagliata sull’artista o sull’evento, ma opera incisivamente facendo da tramite fra l’informazione e la curiosità, fornendo ai “media” le indicazioni necessarie affinchè una redazione o un capo redattore, in mezzo a mille informazioni che riceve e allo spazio redazionale, le scelte editoriali, i tempi e i ritmi di stampa, scelga di pubblicare  proprio quella notizia e proprio questo  artista”.
Quello dell’ufficio stampa è un lavoro serio, meticoloso e molto ma molto accurato che né si improvvisa né si risolve in un unico o semplice invio di un comunicato più o meno ben redatto.
Ma la visibilità non è solo questo. Appartiene anche alla storia sia dell’artista che all’opera, ossia al curriculum e alla quotazione, la quale non è il “prezzo” di vendita del quadro ma è il valore che si crea e si rileva effettivamente nel percorso professionale. E’ il valore dimostrabile e accertabile da chinque voglia diventare un acquirente e/o collezionista.
Se il quadro non è accompagnato dai certificati di autentica e di accertabilità/rintracciabilità, se non ha un mercato dimostrabile e accertabile, verificabile in ogni momento che ne dimostri la reale esistenza, non potrà mai entrare nella visibilità del mercato.
4. Come si crea una quotazione?
Spesso ci sentiamo fare questa domanda e non è sciocca come apparentemente può sembrare.
Una quotazione non è il prezzo di vendita, per valutare questo si possono applicare i parametri dei coefficienti, ma ciò non fa né mercato né quotazione.
La “quotazione” è un insieme di strategie che creano il valore dell’opera la quale può anche subire delle variazioni a seconda anche delle “leggi del mercato” ma che comunque fanno la distinzione fra un “artista professionista” e un “dilettante”, la differenza fra la vendita e il collezionismo.
Esistono quindi degli step precisi, delle “regole” e delle “metodiche”, seguendo le quali, con pazienza e pervicacia portano ad esiti concreti e soddisfacenti.
Un errore o, meglio, una sinecura dell’artista, è quello di non assogettarsi a un regime fiscale, ossia, di non avere una partita iva, pensando erroneamente che non solo che sia irrilevante ma costosa.
Ci sono varie modalità che regolamentano i regimi fiscali degli artisti di cui alcuni estremamente convenienti e a costi zero (soprattutto per gli esordienti e chi è all'inizio) che però permettono non solo di avere esoneri economici privilegiati e, anzi, di poter ottenere rimborsi o agevolazioni in diversi modi, ma avere una partita iva è uno dei passi irrinunciabili e fondamentali per inziare a creare sia il proprio mercato che la propria quotazione perché rende dimostrabile l’attività professionistica, perché se è vero che il mercato e il collezionismo funzionano sulla compra-vendita delle opere e che, queste, vengono acquistate se piacciono e se interessano per passione o gusti all’acquirente, è altresì vero che il “prezzo/costo/quotazione” deve essere dimostrabile e verificabile secondo un andamento di un mercato nelle sue varie oscillazioni o, comunque, da una documentazione che ne attesti la validità e la veridicità, altrimenti, ognuno può mettere il prezzo che vuole e chi acquista si ritrova con una “ciofeca” di cui nessuno è responsabile salvo ammettere la sua “grullità” di compratore incompetente.
Altro punto di cui gli artisti sono ignari totalmente è il decreto sul diritto di seguito che sarebbe un decreto per la loro stessa tutela e che, formandosi una quotazione, permette loro di avere dei ritorni economici spettanti man mano che le quotazioni salgono e si assestano e che, a volte, sono abbastanza considerevoli ma che non sapendo e non conoscendo nessuno rivendica o riscuote.
5. Catalogo o non catalogo?  Vale la pena di pagare per esporre?
Anche queste sono domande frequenti.
I cataloghi non servono se uno è all’inizio della propria attività, se non ha un buon curriculum e una buona raccolta di articoli e recensioni scritte sul di lui o sul suo lavoro.
Le recensioni devono essere anche adeguate. Spesso vengono fatte da insegnanti del tutto incompetenti d’arte che infarciscono gli scritti di paroloni o di terminologie assolutamente improprie. Quel che si dice “aria fritta” e un operatore competente lo rileva dopo due righe.
Oppure sono stati pagati. E anche questo un operatore di mestiere lo capisce immediatamente.
Così dicasi dei curricula in cui appaiono concorsi assolutamente irrilevanti e pagati o mostre inconcludenti.
Pagare un catalogo spesso significa contaminare la propria immagine perché se si ha a che fare con “galleristi” di poco scrupolo questi faranno subito qualche calcolo: qui c’è un pollo che paga…
Mentre se si ha a che fare con galleristi seri e competenti, un catalogo di un artista giovane suscita subito dei sospetti…. Spesso non è vero che il “catalogo” venga poi letto o, se lasciato sulla scrivania, memorizzi meglio l’artista e il suo lavoro… viene infilato in mezzo ai mille che già riceve o viene usato come peso bilanciante per qualche pezzo traballante…
Pagare a volte invece sì, vale la pena. Dipende dove, quando e chi… se ciò vuol dire contribuire a delle spese e alla fatica degli organizzatori o dello spazio può non solo essere utile ma entrare nello spirito collaborativo migliore con i promotori/organizzatori ed aprire a scambi futuri. In ogni caso va sempre valuto volta per volta considerando i pro e i contro nella costruzione della carriera artistica.
6.Allora chi ha soldi ha più possibilità?
Questo è un altro equivoco da sfatare. Non si tratta di “avere soldi” ma di “investire meglio”.
La qualità, creatività, originalità, poetica, professionalità sono e restano i pilastri costanti per ogni artista e sono cose che non si comprano.
Il discorso è altro. Si tratta di economizzare sia le risorse quanto il tempo e le energie. Un artista deve dedicare il suo tempo al suo lavoro, al suo aggiornamento, al suo studio.
I giovani artisti sanno tutto di Fiere, gallerie che contano, di critici influenti ma non sanno nulla di come si muove il mercato – che spesso viene demonizzato e di cui loro, paradossalmente non ne vogliono sapere come se fosse una cosa disgiunta e inutile, pur ambendo ad entrarci (perché altrimenti perché discutere di vendite, percentuali, sovvenzioni, etc.? Perché fare mostre, cataloghi, concorsi o fiere?) – non si confrontano con i colleghi, salvo quelli della loro modesta cerchia, ma non all’estero.
Frequentano i vernissage solo per presenzialismo o per amicizia.
Pensano che la “professionalità” consista solo nel “saper dipingere” (il che a volte è anche carente o scadente) e non nell’essere colti e informati, puntuali e rigorosi, scrupolosi e rispettosi anche di chi lavora con loro e per loro.
Oggi come oggi, purtroppo, tutto ha un prezzo e dal momento in cui, comunque bisogna investire, tanto vale di farlo in modo oculato investendo sulle priorità e su ciò che realmente conta e porta dei risultati concreti ed evidenti e non sull’effimero e infruttuoso.
Invece di sbattersi in mostre e concorsi inconcludenti, muoversi meno e selezionare di più e meglio, porta a migliori risultati e a creare un efficace curriculum che verrà preso in seria considerazione.
Invece di pagare un critico, investire in quei circuiti che portano a una visibilità presso i collezionisti propensi a scoprire nuovi talenti e ad investire seguendo gli artisti nella loro carriera.
Invece che pagare un catalogo, investire su le strategie giuste che permettono di evidenziare e far conoscere il proprio lavoro e la propria filosofia/poetica.
Disperdersi in mille rivoli e tentativi non solo non porta a nessun risultato soddisfacente ma fa perdere le occasioni giuste e tempo in modo infecondo.
No, chi ha soldi non compra la possibilità d’emergere o la notorietà, i collezionisti o il consolidamento della propria carriera. Forse, apparentemente, può destare disappunto vedere alcuni artisti incapaci di tenere un pennello o una matita in mano, arrivati alla ribalta della notorietà e venduti a quotazioni stratosferiche ma, a parte che rimangono delle meteore che vanno e passano nel dimenticatoio così come sono arrivati, a volte la loro genialità, che è opinabile di ogni giudizio soggettivo e discutibile, è interessante constatare ciò che hanno saputo “vendere” – seppur provvisoriamente – magari un’originalità in un mare piatto e conformista o una concettualità provocatoria imponente.
Quando ci si pone, criticamente, di fronte a ciò che “sconcerta” bollandola negativamente ci si mette nella stessa situazione di chi, inadeguato e incompetente d’arte contemporanea pronuncia la fatidica frase: “ questo avrei saputo farlo io” o “questo lo sa fare anche mio figlio”.
Già, peccato che tutto ciò venga dopo che è stato fatto…
7.Sono deluso perché non ottengo risultati?
Spesso gli artisti sono delusi e frustrati perché non vedono risultati.
E’ vero, il mercato, quello italiano soprattutto, è in crisi ed è deludente ma è anche vero che, spesso, è il risultato d'essersi mossi troppo e spesso male.
I giovani sovente hanno fretta e vorrebbero arrivare a guadagni, notorietà, collezionismo… ma una carriera artistica si costruisce nel tempo, col curriculum e con scelte, nonché investimenti, oculati e mirati.
Gli artisti, soprattutto giovani, non amano pensare al proprio lavoro come a una “professionalità” pensando, erroneamente, che si voglia inquadrare o imbrigliare l’arte e la creativià in etichette limitative e circostritte.
Oggi come oggi un artista è, comunque la pensi o voglia pensare, un professionista e come tale deve adeguarsi. In ciò non c’è nulla di umiliante o limitativo rispetto alla liberà creativa, all’intuito, fantasia e tutto ciò che è patrimonio esclusivo di un artista.
E’ il “modo di procedere” che deve essere professionale. Avvalersi delle regolamentazioni non significa essere impediti, spesso vuol dire avvalersi di possibilità, aiuti, competenze utili e agevolati, anche economicamente nel proprio lavoro.
Sapersi promuovere, presentare, rivendicare i propri diritti, esigere professionalità da parte degli operatori, rispettare contratti, tempi e modalità di chi ci supporta e lavora con noi e per noi è ormai un’esigenza e dovrebbe diventare una regola.
8.Nessuno fa contratti per le mostre
Un altro problema è che gli artisti non sanno farsi fare un contratto espositivo.
Mi sono sentita dire spesso: “Se chiedo un contratto ad un gallerista divento uno spaccamarroni e nessuno vorrà più esporre le mie opere”.
Questo è un concetto quanto di più sbagliato possa esistere!
I galleristi seri rispettano e considerano meglio e di più chi esige un contratto o ne presenta uno lui ben formulato, mentre tratta in second’ordine chi non chiede e lascia le sue opere senza uno straccio di ricevuta o di modalità precise.
Di fronte a un artista che esige un contratto il gallerista sa di avere a che fare con un professionista mentre nel secondo caso con un anarchico o con dilettante.
Solo gli pseudo galleristi lavorano a “spanne” senza lasciare nessuna traccia degli accordi o delle responsabilità inerenti le opere, le percentuali, le assicurazioni, e tutto ciò che riguarda la realizzazione di una mostra o di un progetto artistico.
Coloro che “preferiscono” muoversi senza alcuna tutela e regola, non solo non devono lamentarsi se incontrano approfittatori e venditori di illusioni e fumo, se non vengono pagati e presi in giro, non solo pagano personalmente la loro faciloneria ma continuano ad alimentare quei circuiti di serie C che si spacciano per gallerie o esperti che ingrassano sull’ignoranza e sulla paura degli sprovveduti ai quali presenteranno sempre stumenti e spazi a pagamento incrementando illusioni e  chimere.
Gli artisti che finiscono in queste reti non solo non realizzano un curriculum serio ma addirittura lo inquinano in modo deleterio in modo tale che un operatore serio e competente leggendolo scarterà a priori senza nemmeno voler visionare le opere impedendogli ogni opportunità di entrare in un circuito promettente.

FAQ.2

Dopo FAQ.1 - domande frequenti - ampliamo le informazioni per essere sempre più chiari e trasparenti rispondendo alle mail che ci arrivano:
premettendo che il mercato e sistema dell’arte è notevolmente cambiato e i criteri in uso fino agli inizi degli anni ’80 sono “deceduti” (non scaduti ma deceduti) e che, piaccia o non piaccia, ormai anche le gallerie sono aziende (senza entrare in critiche e disquisizioni positive o negative) e come tali devono agire in regime d’impresa e far quadrare bilanci, rapporti con le banche, tasse e quant’altro, queste non investono più su artisti esordienti che non apportino visibilità e certezze. A lato, nascono sempre più luoghi a pagamento. I prezzi variano a seconda delle specie e delle categorie, alcuni spazi che possiamo definire Vanity Gallery,  che assecondano l’aspirazione dell’artista che vuole mettersi in vetrina, sperando che una mostra lo faccia conoscere o vendere le proprie opere, altri fanno pagare, a seconda della posizione, del sede importante o storicizzata o del loro brand identity. Qualche operatore metterà a disposizione dei servizi (ed è sempre importante chiedere chiaramente e farsi fare un contratto), qualcun altro metterà a disposizione solo lo spazio e le spese di base (luce, riscaldamento, pulizie, eventuale presenza durante l’esposizione) lasciando che il resto sia a carico dell’organizzatore o artista.
Le domande e le mail che ci vengono rivolte sono dunque in base a questi concetti e/o aspettative:
1)      Vorrei collaborare con voi: di solito per collaborazione l’artista intende: mi offro per fare una mostra da voi. Vi do i miei quadri/opere in cambio di una percentuale.
Poiché non siamo galleristi, promoter, mercanti, venditori innanzitutto in un periodo in cui non si vende una cippa è come promettere aria fresca. Tale richiesta è ormai obsoleta perché attinge al vecchio enunciato “L’artista dipinge, il gallerista vende” che, purtroppo, oggi non vale più. Soprattutto in Italia in cui le vendite delle opere d’arte sono allo 0,75% (e trattasi comunque di vendite di artisti storicizzati o già inseriti nel mercato secondario) rispetto al 40% circa delle vendite all’estero.
2)      Vorrei esporre da voi (ma non pago): Idem come sopra. Non è chiaro che qui non ci si rivolge ad una galleria etc. Pure come il “non pago”, in quanto, noi come agenti mettiamo a disposizione dei servizi che vanno dalla tutela alla promozione con progetti atti a supportare l’artista là dove da solo non riesce, non conosce, non può in quanto preso dal proprio lavoro non ha, spesso, la possibilità, il tempo, il denaro, il personale, le entrature e la capacità reale di sapere come è meglio presentarsi, che comunicazione dare di sé e del proprio lavoro, dove è meglio partecipare e dove no, come costruirsi un curriculum valido ed efficace, a chi rivolgersi e così via. Non è un difetto, è una realtà, se l’artista dipinge e se, come oggi accade, difficilmente si confronta con altri colleghi o ha occasione di viaggiare e fare degli stage all’estero, non avrà ai una visione reale e concreta delle sue possibilità perché, preso dalle sue aspettative, difenderà a spada tratta il suo lavoro e non avrà nessun interlocutore dissenziente che gli farà notare le lacune, i difetti, gli errori che commette. Ci vuole un elemento terzo non coinvolto emotivamente che, dopo aver valutato, studiato, monitorato etc. sia in grado di capire cosa e dove bisogna correggere e dove risaltare e potenziare.
3)      So benissimo come funziona il mercato: spesso questa conoscenza si limita nel conoscere i nomi dei critici, delle riviste di settore, delle Fiere d’Arte, delle Biennali. Questa non è conoscenza. Conoscere significa comparare il mercato. Significa inoltre conoscere le leggi che oggi vengono applicate in materia di transazioni di vendita, delle documentazioni richieste, senza le quali si rischia ormai sia delle penalizzazioni pecuniarie sia penali. All’artista italiano tutto ciò non riguarda e, non comprende che ignorare ciò può condurlo a gravi e seri problemi.
4)      L’artista non può essere imprenditore: la confusione che l’artista italiano fa è nel rivendicare la libertà creativa ed pittorico/espressiva come se fosse scissa dal prodotto. Essere imprenditore di sé stessi non significa abdicare alla libertà creativa, che questo è un dono impagabile dell’artista, ma ciò non toglie che l’opera, nel momento in cui viene esposta è un prodotto, elevato, poetico, artistico e quant’altro si vuol riconoscere, ma è in vendita e come tale ha anche un iter economico e fiscale. Mancare su questo piano, non solo si è incoscienti ma fortemente egocentrici, in quanto chi acquista, per pochi o molti euro, per passione o per investimento vuole essere tutelato.
Spesso l’artista confonde il prezzo con la quotazione (la quale si forma attraverso un iter preciso e non è la semplice applicazione dei parametri coefficienti) e capita all’acquirente di acquistare un quadro/opera presso una “galleria” o studio dell’artista a un tot. e scoprire che l’artista poi, presso altre sedi, spezi o situazioni, mette in vendita a meno o di più le proprie opere. Questo fra l’altro, oltre la crisi economica attuale, è uno dei motivi di sfiducia nell’investimento d’arte in Italia. Molti galleristi/mercanti negli anni passati hanno speculato (e artisti pure) e spesso chi ha acquistato c’è trovato in mano delle emerite ciofeche sopravvalutate. Oggi, i pochi acquirenti e appassionati d’arte sono più accorti e non s’addentrano nel collezionismo senza avere delle tutele.
E’ importante quindi che le opere siano accompagnate dai certificati regolamentari (non basta più solo l’autentica), che il prezzo sia verificabile, che esista un archivio delle opere cui fare riferimento in caso di diatribe o dubbi e molto altro ancora. Questo significa essere “imprenditore” ed è di competenza dell’artista che, volente o nolente, è lui che deve garantire che ciò che vende non solo è autentico e che è sua la proprietà intellettuale e creativa, che l’opera non è stata trafugata o falsata, che la cifra richiesta è rintracciabile attraverso un archivio specifico e dimostrare che il prezzo non è inventato secondo l’umore e l’estro del momento. Per cui, oggi, l’artista ha anche queste  responsabilità, ormai fanno parte della sua professione oltre quella di dipingere.
5)      Solo quelli che hanno i soldi ce la fanno: anche questa convinzione va sfatata. Almeno per quanto ci riguarda. In ogni caso se è vero che chi ha possibilità economiche ha maggiori chance perché può permettersi se non di comprare tutto o chiunque ma di permettersi c’accedere alle informazioni e alle consulenze adatte o prestigiose di chi non ne ha. E’ lapalissiano. Chi ha soldi viaggia, si informa, confronta i prezzi, sceglie il meglio. Ecco perché, senza volerci fare pubblicità, siamo diventati agenti: per permettere a tutti (premettendo che la qualità è la condizione sine qua non) con investimenti equi, d’avere le stesse possibilità di chi, economicamente è più agevolato. I nostri servizi quindi servono all’artista al fine di perdere meno tempo a cercare, d’essere informato e d’essere tutelato. Aggiungo inoltre che, se è vero (apparentemente) che si assiste a nomi che salgono e scendono nella Borsa dell’Arte non è perché hanno pagato ma perché è sistema che è cambiato. S’è consolidata sempre più una Borsa che agisce come ogni Borsa dell’economia, con azioni che salgono o scendono. C’è sempre stata solo che era più defilata e meno conosciuta. Con l’avvento dei mercati emergenti (India, Paese Arabi, Cina, Russia etc.) i capitali hanno trovato nuove frontiere di investimento. Ma nell’arte ci sono sempre state figure e politiche non di semplice orientamento ma di pilotare il collezionismo e il mercato. Così come il credere che l’arte debba essere lontana dalle politiche o dai poteri e, qui, senza perdermi  in lunghe e noioso disquisizioni, invito a leggere l’articolo: http://www.collezionedatiffany.com/come-pollock-ha-sconfitto-il-comunismo/  consigliando anche ti tenere d’occhio questo blog  molto serio e professionale.
Per concludere, ma ci sarebbero ancora molti quesiti da affrontare, invito coloro che vogliono proporre o proporci i loro lavori, di leggere attentamente e capire che noi offriamo servizi dove, ovviamente, sono comprese delle esposizioni ma le mostre non sono né il nostro obiettivo né il senso del nostro operato. Le mostre sono uno strumento per monitorare il mercato dell’artista, per raccogliere dati utili e necessari per capire, assieme a lui e difendere i suoi interessi come è giusto e meglio procedere affinchè, l’artista, incontri il suo mercato.
6)    Avete dei consigli da darmi: a prescindere che non abbiamo la sfera di cristallo per cui non conoscendo l'artista (e non basta vedere le sue opere) non sapendo come si è mosso, quali errori ha commesso nel promuoversi e come potenziare al meglio il suo lavoro (il che significa pianificare e progettare ad hoc) non possiamo dare consigli se non quelli generali che sono inseriti nella serie delle domande frequenti sotto elencate. Inoltre è come chiedere ad un professionista avvocato, commercialista, esperto della comunicazione d'avere una prestazione professionale gratuita e credo sia difficile incontrare un professionista che elargisca donando la propria esperienza fatta in anni di lavoro, contatti, studio, e quanto si voglia in cambio di una pacca sulla spalla. Oguno, ovviamente, lavora e per vivere, tenere aperto uno studio, pagare collaboratori, tasse e tutto ciò che serve ad ogni attività vuole essere ricompensato e l'esperienza che si è fatta sul campo è frutto del suo investimento, è il suo patrimonio, la sua credibilità e non può nè regalarla nè svendere.
 
Noi siamo un’associazione no profit ma non di beneficienza, forniamo servizi e consulenze professionali non gratuite. I costi dipendono dalle necessità degli interventi che debbono essere approntati, quindi su pianificazioni individuali, anche abbiamo delle tabelle fisse ma in relazione al mercato/settore di competenza. Per esempio, occuparsi dell’ufficio stampa, non significa limitarsi a creare un buon comunicato e spedirlo alle redazioni. E’ un lavoro lungo e complesso e impegna da 2 a 3 mesi di lavoro e impegno ad ogni evento. Normalmente i costi di un ufficio stampa professionale e serio comportano un investimento che varia dai 1200 ai 4000€ al mese. Ai nostri artisti viene offerto per 12 mesi incluso ad altri servizi necessari e facendo un paragone, volendo monetizzarlo a 100€ al mese per ogni mostra, esposizione o evento cui l’artista organizzerà o parteciperà al di fuori del rapporto o dei progetti con la nostra associazione. La tutela legale è praticamente gratuita per i nostri associati. Qualsiasi controversia, contratto non rispettato, pagamenti non ricevuti, danni o scomparsa di opere durante mostre, concorsi etc. può rivalersi gratuitamente dell’intervento del legale messo a disposizione.
Ecco perché non possiamo accogliere né gratuitamente né le proposte di uno scambio o di percentuali.
Chi ritiene di non averne bisogno, chi pensa che già facendo da solo riesce al meglio, chi crede che basti esporre per trovare acquirenti e il proprio mercato: non ha bisogno di noi e dei nostri servizi.  
Translation (english): 
 
Frequent questions
 
During the last three years of activity, we have found the merits and the potential both of the market and of art operators, artists and gallerists.
Questions are always the same, but topics and answers are very complicated; even more so due to the presence of many regulatory and legal constraints, which preserve and define relationships and trade-offs among artist, gallerists and collectors.
 
1. How can I promote myself?
The promotion is absolutely essential for an artist in order to make him/her well-known and to make his/her works circulate.
There are three main points:
a. The presentation of his/her works to in charge operators: gallerists/merchants;
b. Art events/expositions;
c. Visibility.
These points may seem obvious, but they represent the first important steps to enter a circuit, which can influence favorably or unfavorably the doom of an artist.
The way we present ourselves is very important and many artists, in particular if young and newcomers, despite of many efforts, do a lot of mistakes that can compromise it all.
The most common mistakes are:
- Send generic mails (shutting everything in the “pile”, hoping in an answer sooner or later) to gallerists and operators who could consider their works;
- Send redundant and tight CVs, made, as usual, of endless lists of partecipations in contests, unimportant collective exhibits or unknown and irrelevant places for an artistic career;
- Send attachments with too many images (very heavy to download);
- Send links of sites which are not updated, chronologically incorrect, difficult to see, too verbose without clear and visible images.
N.B. Gallerists/operators, in particular if noticed and integrated, collect a lot of e-mails, proposals and projects. They haven’t got enough time to read everything and, usually, instruct collaborators and assistants to make a selection and then show them what could be more interesting for their own gallery.
The majority of e-mails are cancelled and closed after reading the first three lines if their are too verbose.
 
2. Exhibits/expositions.
The way to make yourselves noticed is the exposition of your works, for sure. A newcomer usually tries to use all the opportunities, without understanding that the exposition is more than just putting his/her works on walls and inviting people.
Choices about where and with whom to expose mean starting to create a CV and if he/she is wrong, he/she will be severely affected by his/her mistakes because these can preclude every opportunity of a useful and good collaboration for his/her market and image.
Another mistake is thinking that an art work should “speak and transmit itself” and gallerists usually take in high consideration the human relationship and they want to meet personally an artist in order to have some important information about him/her, his/her works, his/her way of working, and so on.
It is very important to obtain a date and start an acquaintance that should become the first step of a career.
 
3. Visibility.
Today visibility is about 50% of the successful launch of a new artist, in particular if young and unexpert.
Many people think about visibility as articles and reviews. And this is partly true because the more you are quotated on newspapers and magazines, the more your name goes around and is remembered. Saying this, it is important to stress the role played by a good Press Office, whose penetration ability on media, both virtual and on paper, helps in creating the artist image and in making his/her works known.
A Press Office is not just interested in sending emails, more or less detailed, about an artist or an event, but it works as a channel between information and curiosity, giving media the necessary information in order to make the editorial staff or director choose to publish exactly THAT event and/or THAT artist (taking into consideration all the other information they received, editorial space, choices, time and pace of printing).
The role played by the Press Office is complicated and very accurated. It can’t be improvised nor it can consist just in sending a single press release.
However, visibility is not simply this. It is a part of the artist and his/her works – in other words it is related to CV and quotations. The quotation is not the price of a printing, but the value created and effectively found in his/her professional career. It is the value demonstrable and verified by anyone who wants to be a customer or/and a collector.
If a painting is not characterised by a document of autenticity and demonstrability/traceability and if it can’t be referred to a market verifiable in every moment, proving its existence, it won’t be able to enter the market visibility.
 
4. How are quotations created?
Many people ask us about quotations, and questions about that are not so foolish.
Quotation is not sale price: sale price can be evaluated using parameters of coefficients but it is far from both market and quotation.
The quotation is a set of strategies which create the value of a work and that are also quite dinamic according to market changes and rules. They are fundamental to make the difference between a “professional artist” and a “new” one, between sales and collecting.
There are some steps which should be followed carefully in order to get some concrete and satisfying results.
The VAT number is quite commonly something artists don’t care about. This because he/she wrongly believes it is something expensive and useless.
There are many modalities of regulation of tax regimes for artists, some of them extremely convenient and without cost (more for beginners), which are very useful for having economic speciality reliefies, refunds and facilitations. Moreover, a VAT number is one of the essential and necessay steps to the end of having your own market and quotations because it is a proof of a professional career.
Market and collecting are based on a buy-purchase rule and the choice of buying or not an art work is linked for sure to the aesthetic flavour and the passion of a buyer. But it is very important to consider that the price/cost/quotation have to be verified and tested by a market system (and its fluctuation) or by a documentation which guarantees validity and veridicity. Otherwise, everyone would put the price that he/she prefers and the purchaser would buy a low-quality work nobody is responsible of, with the result of being connotated as an unqualified buyer.
Another thing that is completely ignored by artists is the administrative order about the Artist’s Resale Right, which wants to guarantee artists’ safety by an economic upturn derived from a growth and settlement of their quotations. Sometimes economic upturns can be very relevant but, without knowledge, no one asks for them.
 
5. Catalogue or not catalogue? Should we pay for exposing?
These are common questions, too.
Catalogues are useless for who is just at the beginning of a career, hasn’t got a CV nor a good collection of articles and reviews about him/her or his/her works.
Reviews should be appropriate, too. Usually they are made by teachers totally incompetent about art who just use big and wrong words. The so-called “hot air” is something that an operator can immediately recognise. Or they are paid and also in this case an operator easely understands the truth.
This is the main impression we get from CVs in which are described irrilevant and paid contests and ineffective exhibits.
Paying for a catalogue usually means to ruin your image because, in case of a relationship with a gallery owner with no scruples, such gallery owner will start thinking of you as the “chicken” who pays…
Instead, taking into consideration serious and competent gallery owners, the catalogue of a young artist is something suspicious…usually it isn’t really read or, if left on a desk, it doesn’t become an instrument to make an artist more memorable: it will be put among the many that a gallerist often receives or it will be used as a physical support for other “shaky” works.
Sometimes paying for exhibits could be useful. It depends on where, when and who…if it means giving a contribute to the costs, to the staff/promoters and to the space it can improve collaborative spirit towards organisers/promoters and open the way to future exchanges. Anyway, each single case should be considered according to the benefits and disadvantages it can provide towards building up an artistic career.
 
6. So, do those who have money, have more possibilities?
This is another misunderstanding to debunk. It is not about “having more money” but “investing them in a better way”.
Quality, creativity, originality, poetry and competence are the main features of an artist and you can’t buy them.
However, the problem is different. It is important to economize resources, time and energy. An artist should dedicate his/her time to his/her work, updating and studies.
Young artists know everything about exhibits, powerful galleries and influent critics but they don’t know how the market is moving - the market is usually demonized by artists who paradoxically prefer not to know anything about it. They view the market as something disjointed and useless for them but also look at it with the desire to be a part of it (otherwise, why do they discuss about sales, percentages, grants? Why do they make exhibitions, fairs, catalogues, contests?)-. They don’t compare themselves with foreign colleagues.
They attend vernissages only to keep themselves in the public eye or for friendship.
They think that professionalism is only about “knowing how to paint” (and sometimes there are very low performers from this point of view, too) and not about being cultured, well-informed, accurate and rigorous, scrupulous and respectful of the people who work with them and for them.
Nowadays, everything has unfortunately a price: if we have to invest, we should make it in a shrewd way, investing on priorities and on what is really important to the end of having real and concrete results, instead of something unfruitful and fleeting.
Instead of taking part into ineffective exhibitions and contests, artists must make less things and select more and better. This brings results and improves their CV, which thus become highly valued.
Instead of paying a critic, artists must invest on that circuits which allow them to be in touch with collectors who want to find new talents and invest in new artistic careers.
Instead of investing on catalogues, artists must invest on the right strategies that can help them towards stressing and making visible their works and philosophy/poetry.
Loosing your energies with so many attempts does not bring you any result and, even more, makes you loose important occasions and time.
No, those who have money can’t buy the possibility to rise, notoriety, collectors and a successful career. Maybe, apparently, seeing artists who are unable to hold correctly a pencil or a paint brush and who have fame and very high quotations can be disappointing; but usually these are meteors who pass as fast as they will be forgotten, and their “genius” is something subjective and questionable. However, it is quite interesting to analyse what they are going to “sell” provisionally: something original in a flat and conformist environment or a high provocative concept.
When you criticise something because it “disconcerts” you, you won’t be so different from those art-unqualified people who usually say: “I can do this, too” or “my son can do that, too”… Well, this is nevertheless stated after the work has been completed already.
 
7. I am disappointed, why don’t I have any result?
Artists are often disappointed and sad because they don’t see any result.
The market, in particular in Italy, is in the doldrums for sure; but usually these kinds of problems are the final result of moving too frequently and in a bad way.
Young people are in a hurry to get money, notoriety, collecting…but building up an artistic career is a long process with CVs, choices and focused and shrewd investments.
Artists, in particular if young people, don’t love thinking about their job as a “profession” because they feel it as a way to define art and creativity with delimited and circumscribed labels.
On the contrary, nowadays an artist is a professional, so he/she must adapt to this idea. It is nothing negative or in contrast with free creativity, intuition, fantasy and everything that is usually linked to the original idea of being an artist.
The “way to go” must be professional. Using regolamentations does not mean facing obstacles, but having possibilities, help, useful competences and economic reliefs.
Knowledge about promotion and presentation, being able of claiming rights, asking operators to be professional, respecting contracts, time and the way of working of those who work with and for us, are needs that should become rules.
 
8. Nobody does exhibitions contracts.
Another problem is that artists are unable to have an exhibition contract.
A lot of people tell me: “If I ask gallery owners to have a contract, I will annoy them and nobody will ever expose my works”.
This is absolutely wrong!
Serious gallerists respect and appreciate a lot those artists who ask for a contract or present one already written; while they have a low consideration for those who don’t ask for anything and just leave his/her works in their places with no receipts or detailed procedures.
In front of an artist who asks for a contract, a gallerist understands he/she is dealing with a professional; otherwise, where no contract is asked for, he/she considers the artist as an anarchist or a beginner.
Only the fake gallery owners work with guesstimates without any contract nor responsability towards works, percentages, insurance policies and everything which is concerned with an exhibition’s organization and artistic projects.
People who prefer to go on without rules and protections can’t complain about profiteers, “smoke” seller, the absence of economic entrances and being taken for fools. Even more they don’t just pay personally for their superficiality, but they also incite the kind of business based on fake gallerists and experts, who propose instruments and places with fees to uninformed and scared people, creating illusions and hopes.
Artists who fall into this kind of circuit usually don’t present a serious CV or pollute it in a deleterious way. Therefore, a serious and expert operator will throw their CV away without looking at works. As a consequence, the artist is not allowed to enter a good and promising circuit.